Cardiomiopatia restrittiva nel gatto cosa sapere e come intervenire anche con nutraceutici di supporto. Le cardiopatie non congenite nel gatto sono più rare che nel cane e nell’uomo, ma l’aumento dell’aspettativa di vita dei mici domestici comporta anche una maggiore possibilità di svilupparle e sono estremamente pericolose, perché subdole all’inizio e difficilmente curabili. Un cuore vecchio può ammalarsi più facilmente, soprattutto in un gatto che non è stato correttamente alimentato o il cui organismo non viene adeguatamente sostenuto con nutraceutici nell’età geriatrica.
Cardiomiopatia restrittiva nel gatto
La miocardiopatia restrittiva (RCM), è una progressiva fibrosi dei tessuti del miocardio che provoca una disfunzione della diastole, cioè della capacità del ventricolo sinistro di decontrarsi per permettere nuovo accesso al sangue proveniente dal circolo venoso. Questo induce un’insufficienza cardiaca congestizia: il cuore non riesce più a pompare nell’organismo la quantità di sangue necessaria ad ossigenare i tessuti.
La diagnosi avviene tramite elettrocardiogramma ed ecocardiogramma, che evidenzia l’irrigidimento del ventricolo e le sue conseguenze: aritmie, alterazioni dell’atrio sinistro, talvolta ingrossamento del ventricolo destro (a causa dell’aumentata pressione), ipertensione polmonare ed edema. Il ristagno di sangue conseguente allo scompenso cardiaco causa infatti versamenti di liquido nel miocardio, nella pleura e negli alveoli polmonari, a volte anche nel fegato, provocandone l’ingrossamento (epatomegalia). Possono manifestarsi fenomeni di tromboembolismo arterioso e infarto del miocardio. La progressiva perdita della capacità contrattile, porta comunque in breve tempo all’arresto cardiaco.
La malattia colpisce prevalentemente i gatti sopra i 7 anni, con maggiore frequenza tra i maschi. Non è ereditaria e in veterinaria è generalmente considerata idiopatica (non ha cause apparenti). In alcuni casi è la conseguenza di una amiloidosi renale, (che nei gatti può insorgere in seguito ad una chemioterapia, o come complicanza dell’Insufficienza renale cronica) o di un linfoma (specie in un gatto Felv); più raramente di un ipertiroidismo grave, o di un infarto che ha formato del tessuto cicatriziale.
Tra le cardiopatie feline è la più rara e la più letale, di fatto incurabile: la prognosi è pressoché sempre infausta e l’aspettativa di vita dalla manifestazione conclamata è in media di pochi mesi. Come tutte le cardiopatie è estremamente subdola, poiché i primi segnali sono difficili da ricollegare al cuore, specie per l’occhio di un proprietario poco esperto.
Il primo sintomo, che può manifestarsi anche anni prima dell’esordio della malattia è il soffio cardiaco, percettibile con una semplice auscultazione del cuore. Generalmente viene rilevato da controlli veterinari di routine ed è spesso sottovalutato dai proprietari, finché appare asintomatico: è invece un segnale che andrebbe sempre indagato più approfonditamente, perché indica un’alterazione più o meno importante del flusso sanguigno al cuore.
Il primo sintomo visibile è un rapido dimagrimento dell’animale, che deperisce nonostante consumi la stessa quantità di cibo di prima (segnale che in un gatto, specie se anziano è SEMPRE allarmante). Ad esso si accompagna l’astenia: il gatto appare costantemente spossato e sofferente, dorme molto, smette di pulirsi, perde interesse verso l’ambiente circostante, cammina barcollando e si muove con sempre maggiore fatica, sedendosi o accovacciandosi spesso.
Le sue normali attività, come per esempio andare alla lettiera, o mangiare si svolgono come al rallentatore e nella cuccia tende ad assumere un’insolita posizione con le zampe raccolte sotto il corpo e il muso proiettato verso il basso: è la postura che il gatto assume quando ha dolore al torace o all’addome; l’area del torace risulta molto dolente alla palpazione.
La frequenza respiratoria è visibilmente accelerata: il gatto fa respiri brevi e rapidi, continuamente anche a riposo e nel sonno e spesso tiene il collo teso in avanti (per cercare di facilitare la respirazione).
Se sottoposto a sforzi, anche moderati, o caldo eccessivo respira a bocca aperta (dispnea). Le mucose appaiono pallide, le estremità fredde e la pelle disidratata.
Nella fase avanzata della malattia compaiono anoressia, ascite (gonfiore dell’addome dovuto all’edema). Possono presentarsi nausea e vomito. Il gatto perde progressivamente le forze fino a non essere più in grado di reggersi in piedi.
Solo nella fase terminale della malattia, la dispnea diventa costante: il gatto inizialmente respira dal naso emettendo un rumore vibrante, poi a bocca aperta, ansimando visibilmente. Le mucose appaiono bianche o cianotiche e le pupille infossate e dilatate. La morte per arresto cardiaco sopraggiunge in poche ore.
Cardiomiopatia restrittiva gatto Terapia farmacologica
In corso di Cardiomiopatia restrittiva gatto, la terapia farmacologica prevede la somministrazione di diuretici per ridurre l’edema: quello considerato d’elezione è il Furosemide. Per prevenire gli emboli e ridurre lo scompenso si somministra Pimobendan, un agente inotropo che aumenta l’afflusso di ioni calcio al cuore, migliorandone la contrattilità e aumentando anche la vasodilatazione periferica.
Questo principio attivo, che in alcuni farmaci (Fortekor Plus) è associato all’ACE inibitore Benazepril, ad azione anti-ipertensiva, va controbilanciato da un calcio-antagonista. In genere il veterinario dopo la prima diagnosi, propone una toracocentesi, cioè il drenaggio dei liquidi dal torace con una siringa, per migliorare temporaneamente la respirazione, ma occorre tenere conto che si tratta di un’operazione dolorosa e stressante per l’animale, e i cui benefici sono temporanei (può capitare che dopo l’aspirazione l’edema si riformi più rapidamente di prima). La risposta alla terapia farmacologia (oltretutto molto pesante per i reni), purtroppo è spesso nulla, o limitata alla prima fase della malattia e i farmaci servono quindi solo a rallentare l’inevitabile.
Cardiomiopatia restrittiva gatto aspettativa di vita
Nonostante i principi e le fasi comuni dello sviluppo della malattia, prevedere l’aspettativa di vita dei gatti con cardiomiopatia è una questione piuttosto complicata. Anche le stesse forme di cardiomiopatia in animali diversi sono individuali, quindi l’aspettativa di vita e la gravità della malattia possono variare in modo significativo. Questo perché, oltre alle cause della malattia, ci sono una serie di fattori esterni e interni (come stress, malattie concomitanti e persino la natura del gatto) che possono influenzare il decorso della malattia.
La cardiomiopatia restrittiva è una sentenza senza appello e insorge in modo imprevedibile. Tuttavia un’arma esiste ed è la PREVENZIONE. Una malattia “idiopatica”, spesso è la nefasta conseguenza di un danno multifattoriale provocato da alimentazione industriale malsana, esposizione a contaminanti chimici (detersivi, fumo passivo, antiparassitari,), scarsa attività fisica, stress psicologico, ovvero tutto ciò che rende l’organismo dell’animale costantemente infiammato e intossicato.
L’avanzare dell’età è certamente un fattore di rischio inevitabile, ma su molti altri si può e si deve intervenire. Nell’età geriatrica i nodi vengono al pettine e il proprietario vedrà i risultati di come avrà alimentato e curato (o non curato) il suo animale durante la sua vita. E se avrà fatto un buon lavoro e avrà la fortuna di avere un vecchietto in buona salute, dovrà comunque raddoppiare le attenzioni: un gatto anziano, è sempre un soggetto fragile, anche quello che ha ancora l’aspetto e l’energia di un giovane. E come per ogni anziano, anche se appare in buone condizioni generali, il suo organismo va sostenuto per preservare l’equilibrio, via via più precario, che lo mantiene in vita. Gli integratori cardiotonici sono fondamentali e imprescindibili in età geriatrica per mantenere l’organo in buone condizioni, anche su un animale che non ha mai manifestato alcun problema: quando si arriva al problema, difficilmente si torna indietro. L’integrazione non può prescindere da un’alimentazione sana, una moderata attività fisica e dalla massima protezione possibile dai fattori di stress.
Qualora la malattia si fosse già manifestata, le terapie naturali possono almeno coadiuvare i farmaci nel tentativo di migliorare la qualità della vita del gatto nel tempo che gli resta: la terapia farmacologica in questi casi è obbligatoriamente necessaria e va somministrata in modo costante e scrupoloso. Occorre inoltre evitare al micio qualunque sforzo, stress, o spavento, potrebbero bastare da soli a provocare un infarto.
L’animale inoltre, essendo molto dolorante, non può più essere preso in braccio: se dovete spostarlo, anche solo da una stanza all’altra, fatelo entrare nel trasportino o in una scatola. Acqua, cibo e cuccia devono avere massima facilità di accesso e stare sul pavimento, la lettiera poco distante (oppure ricorrete alle traverse igieniche, che nell’ultima fase saranno comunque necessarie).
Evitare assolutamente che l’animale salti o faccia le scale, l’indebolimento può provocare una caduta o un malore. Evitare anche tassativamente di “spronarlo” alzando la voce: lo stressa e non serve a nulla (a voi al suo posto servirebbe?) o peggio rimproverarlo, per esempio se sporca. Se non è riuscito ad arrivare alla lettiera vuol dire che era troppo lontana per le sue forze e l’errore è vostro. Al contrario cercate di confortare la bestiola sofferente accarezzandolo con delicatezza, parlandogli con calma e cercando di passare più tempo possibile con lui.
Nutraceutici e antiossidanti utili in caso di cardiomiopatia
Articolo scritto da: Katia Chiusino